12 giugno 2016

Si narra che Riccardo Tesi... [Giampiero Bigazzi]


Si narra (cioè: Riccardo Tesi narra, anche nella sua biografia…) che in giovane età inviò un nastro demo alla Materiali Sonori. Non gli venne risposto, oppure gli arrivò il consueto responso di gentile rifiuto. Non so che anni erano. E nella nostra ormai lunga storia le epoche e gli innamoramenti musicali si sono succeduti periodicamente. Quando iniziammo, verso la fine del settimo decennio del secolo scorso, mescolavamo con incosciente disinvoltura sperimentazione, musica contemporanea e musica popolare, folk. Non si parlava ancora di “world music”… ma noi già si faceva. Poi arrivò la new wave e poi la “musica di confine” degli anni Novanta. Ma il sospiro delle culture dei popoli del mondo c’è sempre stato. In questo senso, in tutti questi percorsi, ci ho sempre visto coerenza, fili rossi che si sono intrecciati, lasciati e ritrovati. E infatti, alla fine, world music e musica folk sono ritornate e con una certa preponderanza. Il progetto Orientoccidente ne è l’esempio più consistente.
Abbiamo lavorato soprattutto nella musica d’autore, intendendo cioè il lavoro di sviluppo e di contaminazione delle forme tradizionali. Un gioco continuo fra oggi e ieri. Perché la musica aiuta la memoria, offrendo sentimenti fortissimi.
Quindi, forse senza saperlo, non potevamo che darsi un consistente appuntamento con Riccardo. Capitare insieme in un punto convergente. Era solo questione di tempo.
Ci sono stati brevi ma preziosi semini, in qua e in là. Qualche antologia, la registrazione live di un raro duetto con Ambrogio Sparagna, un meraviglioso assolo di organetto in un brano del secondo album solista di Arlo Bigazzi, un episodio live con Harmonia Ensemble, l’apparizione nel disco di Elianto.
Ma l’occasione vera (oltre che il nostro lavoro di resistenza discografica sulle produzioni indipendenti coordinate da Claudio Carboni) è stata la pubblicazione di “Sopra i tetti di Firenze”, il grande omaggio a Caterina Bueno. Un eminente lavoro collettivo, con Maurizio Geri come partner, con tanti illustri ospiti e una super Banditaliana. Detto per inciso, fu anche una casuale circostanza per l’incontro fra Riccardo e Pierfrancesco Bigazzi e le sue molte produzioni video.
Quel doppio album mi appare ancora oggi come uno scrigno di tesori. Un paniere di piccoli ma preziosi monumenti secolari e invisibili. Antidoto alla loro sgretolazione e alle macerie di restauri indecenti.
Caterina Bueno è stata per me un punto di riferimento, legata com’era alla mia terra di origine. “Battan l’otto”, l’inno degli operai e dei minatori anarchici di San Giovanni Valdarno e di Cavriglia, è la “ninna nanna” che più ho amato. E a cui lei seppe dare nobiltà e memoria.
Il lavoro di “rilettura” che Riccardo e Maurizio sono stati capaci di offrire ne aiuta la conservazione. Parola, in questo caso, dal sapore progressivo: tenere in serbo e innovare, preservare dall’oblio, come in un “museo” vivo, palpitante. L’uso trasgressivo e non consolatorio della memoria: la “scandalosa forza rivoluzionaria del passato”.
E’ la grande scommessa della musica popolare di oggi. Ritrovare le proprie radici e provare a proiettarle nel presente. Nel confronto con le radici altrui e con il suono globale che avvolge il mondo. E quindi darle qualche opportunità per il futuro.

La Toscana …
Caterina un giorno chiese a una vecchietta
dove si trovasse un certo luogo.
Le rispose così: “bisogna andare là
dove la strada muore e promuove il sentiero…”
Promuove il sentiero.
E’ quello che, quando ne abbiamo le forze,
dobbiamo provare a fare:
ciò che quella donna aveva mostrato a Caterina!
Ovvero il nobile parlare non inteso
solo come espressione di bei sentimenti,
ma inteso come eleganza.
Bellezza.
L’eleganza nel porgere le parole,
tipica delle campagne
e delle dolci montagne toscane.
Come possibilità di raccontare delle storie anche con i suoni:
la musica e le voci che avvolgono
il momento che vive prima e dopo il silenzio,
in un luogo posto sotto stelle impassibili,
su di una terra infinitamente misteriosa.

Giampiero Bigazzi


[testo integrale dell'intervento pubblicato su Neri Pollastri, "Riccardo Tesi - Una vita a botttoni", Squilibri 2016]
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