un ricordo di Carlo Monni di Stefano Beccastrini
PER CARLO MONNI
Arrivederci – non addio – savio
budellone, brindellone
sapiente, rustico cimbellone
e raffinato, notturno
perdigiorno
che mi facesti il dono della tua amicizia.
Sempre gioviale e sempre un po’ incazzato,
sempre arguto e sempre e dappertutto
sentendosi rinchiuso in una gabbia
fuorché negli epifanici momenti
in cui mangiavi e bevevi con gli amici,
assaggiavi la fica, recitavi
Dante Alighieri o Dino Campana, in cerca
d’una tua Beatrice che tanto gentile e tanto onesta paia
o d’una troia dagli occhi ferrigni
che venga a te dagli acri porti tirreni,
dalle fiere cantanti di Toscana
o nelle sabbie ardenti voltolata.
Pur nato a Campi, laddove prende vita
la peggiore genia che Cristo stampi,
eri tu un etrusco verace, di quelli
che banchettavano perfino sulle tombe:
dotto e beffardo, coltissimo e becero,
poeticamente sboccato o sboccatamente poetico.
Eri buono ed eri
grande, brutto stronzo,
e ci hai lasciato soli, noi bischeracci
che restiamo a terra mentre tu voli in cielo.
Che tu possa volare
libero e lieve, lietamente cantando.
Però sei sempre il solito, sembri
stare in disparte e poi
ti prendi il meglio
come quando, dentro i panni
d’un agreste Bozzone,
sposasti addirittura Alida Valli.
Stefano Beccastrini