Luciano Del Sette

ho davanti a me il pacchettino di nuovi dischi che non verrà mai spedito a Luciano Del Sette.
L’avevo sentito il 22 e poi il 24 marzo. Mi aveva detto di aspettare a spedirglieli.
Ieri l’altro se l’è portato via il maledetto covid.
Ho conosciuto Luciano una domenica piovosa in un bar di Faenza. Era lì per ritirare un premio del MEI per conto del manifesto. Abbiamo fraternizzato subito. Simpatia e sintonia. Poi il fatto che fosse "uno del manifesto" mi confortava e mi faceva ricordare un legame che mi porto dietro da sempre.
Abbiamo continuato a sentirci spesso e poi a frequentarci. Almeno due volte l’anno, con la splendida Roberta, c’era un passaggio dalle nostre parti e un pranzo o una cena. Aveva perfino scritto un articolo su come si mangiasse bene al Circolo della Badiola di san Giovanni Valdarno…
E poi i dischi da recensire, le interviste, lo scambio di idee sulla musica (e le sempre benvenute critiche) e su come va la stampa ai giorni d’oggi. La comune disillusione politica, ma anche la voglia di continuare a lottare. Poi progetti editoriali da fare insieme. Le sue magnifiche paginate su Alias, alla scoperta di una cultura e di un’Italia spesso dimenticata. E sorprendente. Le sue lontane radici valdesi e una mitica intervista a Salvatore Adamo. Le trasmissioni a Radio Rai.
Poi ha conosciuto Arlo ed è entralo alla grande (anche se con il solito pudore) nel progetto “Majakovskji!". Ci ha fatto conoscere Riccardo Cecchetti, ci aveva aiutato a trovare un editore, alla fine ha scritto una bella prefazione. Ha dato comunque un decisivo impulso a tutto il progetto (“ma cosa ne pensa il Del Sette?”). Ci ha invitato al suo matrimonio in Toscana e mi ha costretto a mettere su un vero e proprio concerto da “vecchio cantastorie militante”, ma senza risparmiarsi nei duetti…
E poi Roberta, come capita spesso a noi uomini, era ed è la sua parte più bella.
"Lucianino, vecchio leone dalla rossa criniera". Una persona buona e gentile. Un grande scrittore e giornalista. Fine intellettuale e onnivoro critico musicale. Esperto di viaggi e luoghi da scoprire.
Nostro caro amico e compagno.
Son due giorni che le lacrime non si placano. Un vuoto notevole.
Un abbraccio e tanto bene a Roberta, alla sua famiglia, alle compagne e ai compagni del manifesto.

Giampiero Bigazzi
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I suoi messaggi di auguri per Natale, dove mi chiama «lestofante musicale»; i miei per il suo compleanno dove ringrazio «quell'impiccione di Facebook» che poco frequentava. Poi la mail dove scriveva che dal «prossimo primo aprile, con Roberta abbiamo deciso di trasferirci a Orvieto, cambio di vita in una dimensione capace di restituirci quell'umanità che le città hanno ormai perduto» e a seguire l'indirizzo. È quello che mi resta di Luciano. Oltre al suo testo per il libro del Majakovskij, dove confessava che «se a quei tempi mi avessero proposto il gioco delle libere associazioni partendo dalla sillaba ‘Ma’, al pari di tanti miei compagni di barricate avrei messo in fila e più o meno in ordine: il Maggio (’68), Marx Karl, Mao Ze Dong, Martì Josè, Mandela Nelson, magari Marley Bob. Di certo non mi sarebbe venuto in mente Majakovskij». Fu con lui che ci accorgemmo di aver realizzato una sorta di "cantata". Se ne è andato ieri, 14 aprile, proprio come si legge di questi tempi: positivo, poi febbre, poi tosse, bronchite, ricovero in ospedale. Lo stesso giorno in cui se ne andò Vladimir Vladimirovič.

Arlo Bigazzi
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Nella mia vita vorrei avere per sempre il privilegio di conoscere persone come te.
Grazie Luciano di essere stato nostro amico.

Pierfrancesco Bigazzi
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politicamente il mio è stato sempre un girovagare,
nella sinistra (per altro non ancora conclusosi),
fra "riformismo" e "rivoluzione",
pieno di contraddizioni
di cui devo render conto solo a me stesso.
Ma non ho mai dimenticato quella mattina del 28 aprile 1971
a un edicola di Montevarchi, andavo al Liceo,
quando comprai la prima copia del manifesto.
Lo portai al mio babbo, che però era troppo affezionato
ad altre firme giornalistiche.
Invece quel giornale mi conquistò subito.
Mi spinse a successive scelte,
qualche tempo dopo ci avrei scritto, per qualche anno,
quando la musica era abbastanza estranea a quelle colonne.
Il mio riferimento era Mauro Paissan
e via Tomacelli m’affascinava.
E poi la distribuzione dei "dischi del manifesto".
La riconoscenza per il gruppo storico, quelli radiati dal PCI.
L’avventura nel PdUP. Fino all’amicizia con Roberto Peciola e con Luciano Del Sette. L’ho già scritto: l’affetto per lui era ed è ampio, ma per me c’influiva un po’ anche il fatto che fosse un “giornalista del manifesto”, un legame con quella storia che mi appartiene ancora.
Stamani son cinquant’anni e sono corso in edicola per l’edizione speciale. Grazie compagne e compagni!

Giampiero Bigazzi - 28 aprile 2021, per i 50 anni del manifesto.

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Nel 1971 avevo 13 anni. Ero abituata in famiglia a leggere il giornale quotidianamente. Ho conosciuto e letto il manifesto, grazie a mio cugino Stefano Beccastrini e a un mio compagno di classe (terza media!) Claudio Pasquini, il Dollaro. Da allora ho continuato a leggerlo e ad amarlo (per un periodo insieme a "Lotta Continua"). Negli anni successivi, insieme a Giampiero, ho qualche volta frequentato e conosciuto la mitica redazione di via Tomacelli. Mi ricordo, ancora molto molto giovane, essere incuriosita dai personaggi che lo hanno fondato e animato e girare per la redazione sbirciando dalle porte: gli occhiali spessi di Pintor, la sigaretta che pendeva dalle labbra di Parlato, il viso giocondo e rassicurante di Lidia. L'imponente bellezza di Luciana e di Lucio e poi l'ammirazione per la mia adorata Rossanda. A vista sembrava così fragile... Ci ritrovammo poi compagni nel PDUP. Il legame è continuato. Ho perso recentemente un amico, il suo brillante giornalista Luciano Del Sette, amico carissimo.
Il legame continua. Grazie per esserci ancora il manifesto

Francesca Pieraccini - 28 aprile 2021, per i 50 anni del manifesto.

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